Se anche UnWoman Italy , ha deciso di occuparsi prettamente del successo delle donne in carriera , ostacolate anche dagli uomini, mi chiedo perchè allora si chiamino ancora Unwoman, io le chiamerei UN for leader woman
Ho ricevuto un invito dall’associazione PWA di Milano ( Power Women Association) tramite Linkedin. Curiosa mi reco in un albergo lussuoso in centro Milano, mi registro, pago, perchè solo in quel momento ho scoperto che essere membro in rete, non è “reale”, visto che non rilascio ogni anno una quota monetaria all’associazione; mi dicono di mettermi una targhetta sul petto con scritto il mio nome e io, rispondo ” è proprio il caso?” e, una simpatica , profumata e ben vestita miss, non capendo la mia battuta polemica, mi risponde , “certo non posso tenermela io.”
Mi accomodo in una sala affollata da donne d’età che può oscillare dai 30 anni ai 60: alcune si salutano con affetto e con grandi sorrisi, altre come me, si guardano attorno per scovare qualche volto conosciuto o per capire la situazione.
Chi non si conosce non si guarda , massimo le scarpe e il vestito dell’altra, si è molto cortesi e direi snob: donne in carriera, donne manager, consulenti, mogli di , presidenti di…e qualche uomo incuriosito e divertito dalla situazione.
Interessante e divertente l’intervento di un’attrice che parla delle 10 ragazze che vivono in lei, che sarebbero le 10 coscienze che ogni donna possiede in sè : da quella intrepida, a quella più paurosa alla donna che personifica il senso di colpa.
Il dibattito, organizzato dalla Pwa con il pratrocinio o paternariato del UNwoman parla del progetto HeforShe, che vuol dire letteralmente Lui Per Lei, l’uomo, che dovrebbe difendere la donna attraverso azioni di condivisione, in ambito genitoriale e lavorativo.
Le donne, ancora oggi , nell’ambito lavorativo, sono rappresentate in minoranza , soprattuto nelle cariche più alte all’interno delle aziende; donne manager , che hanno lavorato anche e soprattutto all’estero e sono ritornate in Italia, cariche di idee da sviluppare per superare la diversity gender all’interno delle aziende, senza l’aiuto delle quota rosa.
Il dibattito verte soprattutto working gender divided e poco sulla governance: le donne, se non hanno ancora oggi la possibilità di fare carriera o di avere un ruolo importante all’interno della leadership aziendale, non solo deriva da un’atteggiamento scostante, maschilista e poco fiducioso dell’uomo nei confronti della donna, ma anche dall’assenza di una rete sociale e familiare: nidi troppo cari, congedi partentali, molti ridotti per i padri.
Una donna , non è solo madre e moglie , può essere solo donna, sola e single.
Una donna non si realizza solo nel lavoro e nel guadagnare molto; una donna può anche desiderare fare altro ma, il rispetto deve sempre ottenerlo.
Non si è parlato di tutte le donne ma solo di quelle privilegiate che, nonostante siano in qualche modo più emancipate rispetto alle donne “del popolo”, avendo un lavoro e una certa indipendenza , si lamentano solo esclusivamente per i loro interessi.
Donne che chiedono aiuto all’uomo per poter essere più indipendenti e non si domandano che, forse c’è qualcosa che non va all’interno del gender femminile.
Non si è parlato di violenza domestica, di differenziazione culturale che, in alcuni casi non permette nemmeno alle donne di trovare un lavoro ; non si è parlato di solidarietà femminile che è continuamente minata da invidie , ripicche e competizioni tra le donne. Le donnne leader sono diventate come gli uomini: spregiudicate, affamate del successo e oligarche , e forse, sono loro stesse che non vorrebbero più di tanto che altre donne arrivassero al loro livello perchè, si sentirebbero minacciate.
Se anche UnWoman Italy , ha deciso di occuparsi prettamente del successo delle donne in carriera , ostacolate anche dagli uomini, mi chiedo perchè allora si chiamino ancora Unwoman, io le chiamerei UN for leader woman.